Il Natale 2015 sembra essere un Natale diverso. Nei media e per le
strade gli argomenti di dibattito sulla festa più importante della cristianità
per la prima volta non si limitano ai sempre angoscianti interrogativi su cosa
sia meglio regalare a parenti e amici o al classico confronto pandoro -
panettone. Questa volta si parla anche di questioni
più impegnative, seppure con la sempre immancabile superficialità e
sprovvedutezza.
Quest'anno il Natale 2015 sarà ricordato
come il Natale che hanno
cercato di cancellare, con duri colpi ai nostri usi e costumi: dal presepe
alla recita a scuola. Quest'anno il Natale sarà ricordato per tutti coloro che
volevano renderlo laico,
che volevano snaturarlo del suo più autentico significato religioso, minando alle nostre più profonde e radicate tradizioni.
Il casus
belli è, chiaramente, quello
del Natale
"cancellato" a Rozzano, comune alle porte di Milano, dove il
preside dell’Istituto comprensivo Garofani ha deciso di rimandare la
tradizionale recita dei bambini a dopo le festività e di ribattezzarla in
"Festa dell'Inverno". Un vero sacrilegio. E dopo questo episodio altri
ne sono seguiti, come un'invasione barbarica contro i nostri valori. Tanto
che si è parlato di Natale come festa laica quasi
fosse una bestemmia.
Ma è un bene che sia scoppiato il caso. È
un bene che si parli di un argomento tanto ignorato e tanto bistrattato in
Italia: quello della laicità.
E quello, precisamente, della laicità nel giorno del Santo Natale. Quasi un
ossimoro, una contraddizione, ma in realtà un'occasione per lanciare una seria riflessione
su quanti, per davvero, vivono questa festa in modo religioso. Perché il
Natale, per gran parte della popolazione italiana, è già una festa laica. Lo è
da quando abbiamo perso l'abitudine di andare in Chiesa il 25 dicembre, da
quando la frenesia dei regali ha preso il posto del raccoglimento nel periodo
dell'avvento, da quanto abbiamo smesso di pregare la sera della vigilia per
giocare a tombola.
Lo è, in poche parole, da quando il consumismo ha preso il
sopravvento sulla fede. Da quando la Coca-Cola ha
inventato Babbo Natale così
come lo conosciamo e ne ha fatto un personaggio più venerato di Gesù Bambino. Potremmo addirittura dire che il Natale è tornato ad essere una festa
pagana, come lo era alle
origini. Ma forse è meglio definirlo come una festa laica e secolarizzata
per un semplice motivo: perché ognuno lo può festeggiare come vuole. Lo può
festeggiare in modo religioso andando in chiesa e pregando o in modo più
profano comprando regali e organizzando cenoni. O in entrambi i modi, come
forse siamo più abituati a fare. Ed è per questo che il Natale è già una festa
laica.
Non solo: il Natale non è l'unica
festività religiosa travolta dall'ondata di frivolezza
e mondanità. Basti pensare al giorno dell'Assunzione di Maria (Ferragosto)
dove normalmente siamo incolonnati in autostrada piuttosto che tra i banchi di
una chiesa, o al giorno di Sant'Ambrogio che a Milano viene ricordato più che
altro per
la prima della Scala. Ecco, la difesa dei canti di Natale o del presepe di
fronte a tutto ciò non può che perdere di significato.
Per tornare al caso di Rozzano, proprio la scuola pubblica, luogo laico
per eccellenza, non può essere l'istituzione issata come simbolo del Natale,
ultimo bastione della fede. Sarebbe senz'altro un travisamento del ruolo e
delle funzioni che la scuola deve svolgere in una società. Nonché un'ammissione
di sconfitta degli stessi credenti che camuffano un luogo di formazione e di
insegnamento aperto a tutti (art. 34 Cost.), in un luogo di culto destinato ad
una parte. Se vogliamo festeggiare il Natale da buoni credenti è meglio farlo
nel posto più adatto: in Chiesa. Per chi davvero crede.