giovedì 27 marzo 2014

Uno contro tutti

A noi italiani piacciono le storie avvincenti. Ci piacciono i grandi scontri, le imprese, le gesta ardite. Ci piace l'epica. D'altronde siamo un popolo che ha sfornato grande materiale epico, da Virgilio a Ludovico Ariosto. Ci piacciono le storie eroiche e le persone straordinarie. Quanti eroi abbiamo osannato durante la storia in tutta la nostra penisola? Tanti. Da Masaniello a Garibaldi, essendo stato un territorio diviso e dominato, l'Italia ha conosciuto numerosissimi condottieri in lotta per la libertà e l'indipendenza. Ma anche dopo l'unità abbiamo continuato ad avere eroi. Mussolini era celebrato come un eroe. La mistica fascista, poi, esaltava l'eroismo. C'erano eroi anche nella Resistenza. Fino ad arrivare ai giorni nostri e agli eroi antimafia, come Falcone e Borsellino. L'utilizzo del termine eroe si è così infittito che ora ogni caduto italiano in guerra diviene tale. Insomma ce n'è per tutti i gusti: l'epopea continua, e continua anche sullo sfondo dell'attuale scenario politico. Riusciamo a romanzare qualsiasi situazione che persino la storia di Berlusconi è divenuta epica. Eroe contro la magistratura partigiana che lo perseguita e lo ostacola, ma lui non si arrende. Glorificato da migliaia di proseliti che lo celebrano nei "Club Forza Silvio".

Ma ora un nuovo individuo solca la scena ed è pronto a combattere contro le avversità e le ingiustizie: si tratta del guascone di Firenze, messer Matteo Renzi, intervenuto per sgombrare il campo dai vecchi protagonisti in armature arrugginite e pesanti. Era proprio l'ora di una svolta nella nostra storia, di un nuovo capitolo. Basta con  personaggi anonimi e senza fegato. Basta con i noiosi Bersani, gli insipidi Letta e i perfidi D'Alema. Insulsi cortigiani incapaci di gestire il potere. Il reame ha bisogno di grandi riforme, altrimenti proseguirà la sua lenta decadenza e i villani potrebbero davvero arrabbiarsi, già c'è un Savonarola che aizza le folle e minaccia sciagure. Renzi è l'uomo giusto, il solo, uno contro tutti.

Potrà finire bene o male, ma questa storia già ci piace, è abbastanza avvincente. Ma non dimentichiamoci che questa non è finzione, è invece realtà. Il reame è l'Italia intera e i villani siamo noi. Che ben vengano i condottieri, che ben vengano gli eroi. Ma non facciamo l'errore di guardare alle vicende di casa nostra con fare troppo distaccato, con l'atteggiamento di chi guarda le fiction alla TV. Forse è anche perché siamo un popolo di telespettatori che ci piacciono tanto le storie. Peccato, perché l'epica è più bella seguita dai libri. 

Ma torniamo all'eroe della nostro racconto. Renzi ha notevoli qualità che gli possono permettere di uscire vittorioso nell'impresa di salvare il reame. Ha coraggio, e in tutte le storie che si rispettino l'uomo coraggioso ha un ruolo di rilievo. Ha una grande carisma, una grande abilità di comunicare. Ed ancora, che eroe potrà mai essere se non è amato dalla sua gente. Ha un piano. Ecco, questa caratteristica è molto importante, il nostro eroe non è un Don Chisciotte  che lotta contro i mulini a vento. Se riuscirà a mantenere la determinazione, se saprà giocarsi per bene le sue carte, potrà ben sperare di dare frutto alle sue gesta. L'approvazione del ddl che prevede l'abrogazione delle province  ne è un esempio: un impresa ardua, tentata da tanti,  che solo ora sembra concretizzarsi. Ma il nostro eroe, come nella vera epica, per poter portare a termine il suo intero piano, dovrà avere il coraggio di fare la cosa più importante che possa mai fare un eroe: immolarsi. Rischiare la propria vita (politica, in questo caso) per un bene superiore. Se non sarà compromesso dal posto comodo e dai pasti caldi della corte, e sarà imperterrito nel portare a termine la propria impresa, allora si che potremo dire di aver assistito ad una bella storia.  

mercoledì 12 marzo 2014

Perché ci piace "La grande bellezza"

No non è vero. Non a tutti è piaciuta "La grande bellezza". La maggior parte non l'ha capita. Ma ci piace compiacerci per il suo successo, ce ne gongoliamo. È vero che la vittoria di Sorrentino agli Oscar è una riconoscimento importante per tutto il cinema italiano: la produzione è prevalentemente italiana, il cast pure, la storia soprattutto. La storia infatti. Perché questo film ha ottenuto tale successo? Perché proprio questo film e non altre pellicole recenti parimenti valide e belle? Ce ne sono, non stiamo mica messi così male. Il punto è che il film di Sorrentino in patria non ha ottenuto questo grande successo né a livello di critica e né a livello di incassi (il film addirittura non figura nella lista dei primi cento film per maggiore incasso in Italia).

"La grande bellezza" ha avuto un enorme successo all'estero. Prima dell'Oscar aveva anche vinto un Bafta (l'equivalente Oscar britannico), un Golden Globe (assegnato dalla stampa cinematografica statunitense) e quattro European Film Awards oltre ad altri premi. Cerchiamo di capire come ha fatto questo film ad ottenere tutto questo successo oltreconfine quando in Italia è stato accolto con tiepidezza e a tratti con disappunto e sconcerto. Potrebbe essere perché siamo il Paese dei Checco Zalone e da noi trionfano solo film facili e leggeri, niente di impegnativo. Potrebbe essere anche perché siamo un popolo masochista che non apprezza ciò che viene fatto in patria, che critica ciecamente, che è cattivo con se stesso, e cerca all'Estero e nelle produzioni holliwodiane la qualità del cinema. E questa non è una brutta caratteristica, aiuta a fare sempre di meglio, anche se di pari passo va accompagnata con la possibilità di riconoscere e premiare i meriti, particolarità che proprio noi in Italia no.

Oltre ai soliti meccanismi che portano i film ad aggiudicarsi premi di prestigio, come perfettamente descritti in un articolo di Wired,  secondo me c'è un altro motivo. E ritornando a quanto avevo già sottolineato più su, questo è la storia. La storia parla di bellezza, lo si evince fin da subito dal titolo. E noi all'Estero siamo famosi proprio per la nostra bellezza. La moda, i paesaggi, il design, è inutile persino ribadirlo. Questa storia a noi non ha emozionato perché parla di qualcosa a cui forse siam fin troppo abituati. Oppure, pericolosamente, perché parla di qualcosa che noi non sappiamo più riconoscere. Temo che sia anche per questa seconda ipotesi, e soprattutto riguardo ai giovani. In quanti vanno ancora in visita ai musei, in quanti passano una serata a teatro e quanti italiani preferiscono trascorrere le vacanze in una città d'arte? Sempre meno.

Per una volta un film italiano è riuscito a parlare della bellezza del nostro Paese. Non solo della bellezza, sia chiaro: facendo ciò il regista ha raccontato e dimostrato anche quanto di brutto c'è in Italia. I vizi, le esagerazioni, gli insipidi salotti, il chiacchiericcio dal quale infine il protagonista Jep Gambardella vuole fuggire nonostante ne avesse fatto parte da tempo: solo così è possibile ritornare alla Grande Bellezza. Che sono gli amori, i gesti sinceri, ma anche i paesaggi, una giornata di sole, il mare. Questo forse ci è sfuggito del film, e ci siamo invece fatti ingannare dalle scene talvolta grottesche e incomprensibili, dalla trama piuttosto confusa, da un racconto della mondanità per noi ai limiti dell'esagerazione.
Non si può negare che probabilmente all'estero questo film è piaciuto perché ha giocato molto con gli stereotipi: un popolo festaiolo, dove ci sono tante belle donne, pieno di salotti e molto facile agli eccessi. È facile vincere così fuori. Diamo agli altri quello che si aspettano di ricevere. Molto meno facile è vincere così in patria.

Noi preferiamo film dove ci autocommiseriamo, storie di insuccessi e di difficoltà che raccontano la nostra realtà così com'è davvero. Cose che è giusto raccontare ma che difficilmente possono piacere ad altri che non vivono le nostre stesse esperienze. Inoltre i nostri film sono quasi esclusivamente autoreferenziali, prodotti per essere consumati in patria, secondo una specie di autarchia cinematografica. Raccontano delle nostre differenze interne, di storie di paesello, giocano con i dialetti. Non si propongono di proiettarsi al di fuori dei confini nazionali. "La grande bellezza" invece ha cercato di fare questo. Ha voluto l'apprezzamento internazionale e l'ha ottenuto. Questo non capita molto spesso al nostro cinema, ma perché a noi in fondo va bene così.
E allora facciamoci piacere "La grande bellezza" e godiamoci questa vittoria e questo successo affinché ci ricordino che, nonostante tutto, siamo un Paese di grande bellezza.